martedì 30 giugno 2009

Il libro del nulla: i testi sacri dell'Induismo

Sosan Hsin Hsin Ming: il Libro del Nulla

La Grande Via non è difficile per coloro che non hanno alcuna preferenza. Quando Amore e Odio sono entrambi assenti ogni cosa diviene chiara e viene svelata. Ma fai la più piccola distinzione, e paradiso e terra saranno infinitamente lontani. Se desideri vedere la verità non parteggiare a favore o contro. La lotta tra ciò che uno vuole e ciò che non vuole è la malattia della mente.

I - Quando il profondo significato delle cose non viene compreso la pace essenziale della mente è disturbata, senza alcun vantaggio. La via è perfetta come un vasto spazio in cui nulla difetti e nulla sia in eccesso. In realtà, spetta a noi decidere se accettare o rifiutare il fatto che non vediamo la vera natura delle cose. Vivi né nelle trappole delle cose esterne, né nei sentimenti interiori di vuotezza. Sii sereno senza forzare l'attività nell'interezza delle cose, e tali erronee convinzioni scompariranno da sole. Quando provi a interrompere l'attività per conseguire la passività il tuo stesso sforzo ti pervade di attività. Fino a che rimani in un estremo o in un altro non conoscerai mai l'Interezza. Coloro che non vivono nella singola Via trascurano sia attività che passività, affermazione e negazione.

II - Negare la realtà delle cose è non cogliere la loro realtà; asserire la vanità delle cose è non cogliere la loro realtà. Più parli e pensi a ciò, più ti allontani dalla verità. Smetti di parlare e pensare e non ci sarà nulla che non sarai in grado di sapere.

III - Il ritorno alle origini serve a trovare il significato, ma basarsi sulle apparenze significa lasciarsi sfuggire la causa. Al momento dell'illuminazione interiore c'è un andare al di là dell'apparenza e della vacuità. I cambiamenti che apparentemente avvengono nel vuoto mondo noi li chiamiamo reali solo a causa della nostra ignoranza. Non cercare la verità; smetti solo di avere opinioni. Non rimanere in una condizione dualistica; evita con cura tale perseguimento. Se vi è una traccia di questo o quello, il giusto e l'errato, la Mente-essenza verrà persa nella confusione. Sebbene tutte le dualità provengano dall'Unico, non avere attaccamento nemmeno ad esso. Quando la mente esiste indisturbata nella Via, niente al mondo può nuocerle, e quando una cosa non può più nuocere essa cessa di esistere nel vecchio modo. Quando non sorgono pensieri discriminatori, la vecchia mente cessa di esistere.

IV - Quando gli oggetti del pensiero svaniscono, il soggetto pensante svanisce, poiché quando la mente sparisce, gli oggetti svaniscono. Le cose sono oggetti a causa del soggetto; la mente è tale a causa delle cose. Comprendi la relatività di questi due e la realtà basilare: l'unità della vacuità. In questo Vuoto i due sono indistinguibili e ognuno di essi contiene in sé il mondo intero. Se non fai differenza tra il grezzo e il fine non sarai tentato al pregiudizio e all'opinione.

V - Vivere nella Grande Via non è né facile né difficile, ma coloro che hanno punti di vista limitati sono timorosi e irrisoluti: più essi si affrettano, più lentamente essi vanno, e l'attaccamento non può essere evitato: anche il mostrare attaccamento all'idea dell'illuminazione significa andare fuori strada. Semplicemente lascia che le cose siano così come sono e non vi sarà né andare né venire. Obbedisci alla natura delle cose (la tua stessa natura), e camminerai libero e indisturbato. Quando il pensiero è in catene la verità è nascosta, poiché tutto è confuso ed oscuro e la gravosa pratica del giudizio porta molestia e stanchezza. Quali benefici possono derivare dalle distinzioni e separazioni? Se vuoi andare nell'Unica Via non disdegnare neppure il mondo delle sensazioni e delle idee. In verità, accettare pienamente essi è identico alla vera Illuminazione. L'uomo saggio non si sforza per il raggiungimento di alcun fine, lo stolto si ostacola da solo. Esiste un solo Dharma, verità, legge, non molti; le distinzioni nascono dal bisogno di attaccamento degli ignoranti. Identificare la Mente con la mente discriminante è il più grande errore di tutti.

VI - Calma e inquietudine derivano dall'illusione; con l'illuminazione non vi è ciò che si preferisce e cio che è sgradito. Tutte le dualità provengono da deduzioni inconsapevoli. Esse sono come sogni di fiori nell'aria; è sciocco cercare di afferrarli. Guadagno e perdita, giusto e sbagliato: questi pensieri devono finalmente essere eliminati immediatamente. Se l'occhio non dorme mai, tutti i sogni cesseranno naturalmente. Se la mente non discrimina, le diecimila cose sono così come sono, di sola essenza. Comprendere il mistero di questa Unica-essenza significa essere liberati da ogni impedimento. Quando tutte le cose sono considerate imparzialmente, l'Auto-essenza è raggiunta. Nessuna comparazione o analogia è possibile stato privo di causa e relazioni.

VII - Considera fermo il movimento e l'immobilità nel movimento, ed entrambi gli stati di movimento e di quiete scompariranno. Quando tali dualità cessano di esistere l'Interezza stessa non può esistere. A tale definitiva finalità non può applicarsi nessuna legge o descrizione. Per la mente unificata in accordo con la Via tutte le aspirazioni provenienti dal sé finiscono. Dubbi e indecisioni svaniscono e la vita in pura fede è possibile. Con un solo colpo siamo liberati dalla schiavitù; niente si attacca a noi e noi non tratteniamo niente. Tutto è vuoto, chiaro, auto-illuminante, senza l'uso dell' energia della mente. Qui pensiero, sensazione, conoscenza e immaginazione sono di nessun valore.

VIII - In questo mondo di Similitudine non esiste nemmeno il sé o l'altro-dal-sé. Per entrare direttamente in sintonia con questa realtà quando i dubbi sorgono dì semplicemente "Non due." In questo "non due" niente è separato, niente è escluso. Non importa quando o dove, illuminazione significa penetrare questa verità. E questa verità è al di là dell'estensione o diminuzione del tempo o dello spazio; in essa un singolo pensiero dura diecimila anni.

IX - Vacuità qui, Vacuità lì, ma l' universo infinito rimane sempre davanti ai nostri occhi. Infinitamente grande e infinitamente piccolo; nessuna differenza, poiché le definizioni sono scomparse e non si vedono limiti. Così pure circa l'Essere e il non-Essere. Non perdere tempo in dubbi e discussioni che non hanno nulla a che vedere con ciò. Una cosa, tutte le cose: si muovono e si mescolano, senza distinzione. Vivere in questa realizzazione significa essere privi di ansietà circa la non-perfezione. Vivere in tale fede è la strada al non-dualismo, poiché il non-duale è uno con la mente fiduciosa. Parole! La Via è oltre il linguaggio, poiché in essa non c'è
Nessun ieri - Nessun domani - Nessun oggi.

Tradotto dall'originale cinese da Richard B. Clarke, maestro Zen ai Living Dharma Centers, Amherst, Massachussets e Coventry, Connecticut - tradotto dall'inglese all'italiano da Andrea Mosca webmaster di http://www.ebooks4free.net/

Fonte: vedanta.it

lunedì 25 maggio 2009

Gyanganj, Shambala o Shangri-la: terra di esseri immortali

L'amico Wind, Grande attivista nella pratica del Kriya Yoga e dell'India in generale, mette in news su Altrogiornale questo bel post, di sua traduzione.


Gyanganj, Shambala o Shangri-la: terra di esseri immortali

Nascosta in una vallata nella remota Himalaya si dice ci sia Gyanganj, la terra degli immortali. Chiamata Shambala, Shangri-La o Siddhashram, i credenti affermano che sia il celeste regno che modella il nostro destino.

Fu durante un'incontro improvvisato con degli intellettuali e dei ricercatori presso la casa a Delhi del poeta Punjabi Amrita Pritam, in India, che Sai Kaka rivelò disinvoltamente: "Sono stato a Gyanganj numerose volte durante l'ultima decade." O meglio egli è stato portato lì ogni volta da un saggio per istruzione spirituale ed immortale.

Questa istruzione deve essere di alto livello per i 50 e più, che il barbuto e bianco vestito Sai Kaka ha fin'ora insegnato a chiunque lo avesse approcciato. L'uomo da Sangli nello stato Indiano sud-occidentale del Maharashtra, che studiò con Swami Muktananda e Nisargadatta Maharaj, è sempre in movimento avendo scelto di non entrare in un ashram o in un'organizzazione.

Quando viene messo in discussione, egli risponde in puro Hindi che Gyanganj esiste su un differente piano, una più alta dimensione, una shambala. Ma, che sì, su un livello grossolano ha una locazione parallela in posti conosciuti sulla terra. Così, c'è un territorio segreto nel nostro centro, che è improbabilmente sfuggito a tutte le osservazioni geografiche? Un posto che fornisce l'ambiente e le opportunità perfette per un'evoluzione spirituale? Un posto da cui migliaia di esseri saggi immortali e perfetti pianificano l'evoluzione della razza umana, anzi, di tutti gli esseri senzienti?

Nella profonda terra realtà empirica o solo cattiva fantascienza?

Bene, la credenza che un tale posto esista, camuffato e secluso da qualche parte nella profondità dell'Himalaya, è filtrata attraverso le tradizioni Indiane e Tibetane. Ci sono moltissimi riferimenti contemporanei a ciò, così come testimoni alla stregua di Sai Kaka che dichiarano di esserci stati. La credenza di una remota vallata di immortali sembra essere a capo della sua immortalità. In Tibet, questa terra leggendaria di illuminazione spirituale è conosciuta come Shambala, un termine Sanscrito che per i Tibetani significa "la sorgente della felicità". Non è il paradiso in terra ma un regno mistico che sorveglia i più sacri ed antichi insegnamenti del mondo, incluso il Kalachakra (Ruota del Tempo), il pinnacolo della seggezza Buddista.

I Buddisti rintracciano Shambala a Gautama Buddha il quale si dice avesse assunto la forma della deità Kalachakra prima della sua morte e che abbia rivelato i suoi più alti insegnamenti ad un gruppo di adepti e dei nel sud dell'India. Tra questi vi era il Re Suchandra, il primo re di Shambala, che scrisse dei sermoni e se li riportò con sè. Svariati testi Buddisti forniscono istruzioni per trovare Shambala, anche se le direzioni non sono chiare. Si presume che solo gli esperti Yogi la troveranno.

Il regno è nascosto nella nebbia delle nevi di montagna e può essere raggiunta solo volandoci su con l'aiuto dei siddhi o poteri spirituali. Il racconto di James Hilton, "L'Orizzonte perduto", parla del remoto regno di Shangri-La, ispirato dalla leggenda di Shambala. Shangri-La ha cominciato allora a significare un remoto, bellissimo, immaginario posto dove la vita rasenta la perfezione; un'utopia, in breve.

Shambala non era un frutto dell'immaginazione per Madame Blavatsky, fondatrice della Società Teosofica. Ella la considerava la dimora dei mahatma o degli adepti spirituali, nelle montagne del Tibet, Mongolia ed India. Loro vivono attraverso i secoli in varie incarnazioni, perpetuando la conoscenza delle passate, più spiritualmente avanzate, civilizzazioni come gli Egizi ed i Greci, a lo insegnano agli allievi meritevoli. Uno di quegli adepti, Koot Hoomi (o Kuthumi Baba, dell'età di almeno 500 anni) era il guru della Blavatsky. In India, questa segreta, sacra terra è conosciuta come Gyanganj o Siddashram. Riferimenti a Gyanganj o ad ashram segreti possono essere trovati nelle scritture Induiste come il Ramayana di Valmiki ed il Mahabharat. il guru Nanak la chiamava Sach Khand.

Più vicini al nostro tempo, Paramahansa Yogananda, nella sua celebrata "Autobiografia di Uno Yogi" scrive dell'incontro con il guru del guru del guru, Mahavatar Babaji, un'immortale di lunga età che appare sempre giovane e continua a vivere nella sezione Himalayana dello Badrinath. Babaji è anche apparso a qualche altro avanzato ricercatore e si pensa che sia connesso con Gyanganj.

Per comprendere il racconto di Gyanganj, Sai Kaka ci dirige verso le scritture di Gopinath Kaviraj che morì nel 1976. Un ex preside dell'Università Statale di Sanscrito di Benares, Kaviraj scrisse un libro intitolato Siddahbhoomi Gyanganj, che èstato tradotto dal Bengali in Hindi e pubblicato recentemente da Bharatiya Vidya Prakashan.

La fonte delle informazioni principale di Kaviraj era il suo guru, Swami Vishudhananda, un Bengali che si trasferì a Benares, una sacra città dell'India. Si crede che Vishudhananda abbia soggiornato molte volte a Gyanganj dove apprese il Surya Vigyan o scienza solare. Il Surya Vigyan gli diede il potere di manifestare oggetti o trasformare un oggetto in un altro manipolando i raggi del sole.

Nella sua Autobiografia, Yogananda descrive il suo incontro con Vishudhananda a Calcutta e testimoniando la sua caratteristica di creare ogni tipo di profumo a richiesta nell'aria. Paul Brunton nel suo libro "La ricerca nei segreti dell'India" scrisse che non solo testimoniava che Vishudhananda creava i profumi, ma che ridiede la vita ad un uccellino.

Il Dr.Narayan Dutt Shrimali, un astrologo-tantrico-guru con base a Jodhpur che pubblica Mantra- Tantra-Yantra Vigyan, un mensile Hindi, afferma che fece i suoi sadhana nel Siddhashram, dove il suo nome era Nikhileshwarananda. E' lì che acquisì i suoi occulti poteri. Più in là il suo guru gli disse che volevano che tornasse alla sua vita familiare e che spargesse la saggezza di Siddhashram. Le letture che egli pubblica promettono che la sua iniziazione è il passaporto per Siddhashram. Ad ogni modo egli rifiuta di rivelare ulteriori dettagli sul suo collegamento con Gyanganj.

I racconti su Gyanganj di Shrimali e Kaviraj sono similari. Essi la allocano grossmodo su di un'altipiano nel nord del Kailash-Mansarovar in Tibet. Copre un'area di molti chilometri quadri ed è contorniata da laghi (o fossati) di acqua cristallina. C'è un ponte levatoio curvo che collega Gyanganj al nostro mondo. Alla fine di questo ponte levatoio c'è un congegno che permette di sollevarlo quando richiesto. Questo congegno si utilizza per mezzo del Surya Vigyan. Kaviraj nomina molti altri posti, sparpagliati nell'India, del territorio di Gyanganj.

L'area delle rive del fiume Alaknanda è dove vagano i siddha. L'alveo di Mandakini è anche molto misterioso: giganti spirituali attraverso i secoli hanno osservato celestiali vedute. Così, l'intera regione da Rishikesh a Kailash e da Yamunotri a Nandadevi è terra dei siddha. Nel Bihar, molti siddha Buddisti frequentano la montagna dello Giridhkoot. Il Nilgiris e la Srisailam nel sud dell'India sono anche conosciute come rifugio di segreti ashram.

Le colline di Arunachala nel Tamil Nadu, dove Ramana Maharishi creò il suo ashram, è un altra terra dei siddah. Nella zona occidentale, Girnaur ha visto l'attività dei siddha. Sono inclusi lì gli insegnamenti nelle arti e nelle scienza inclusa la medicina, il rasayan shastra, la musica e l'astrologia. Gli Indiani, ovviamente, non hanno il monopolio su Gyanganj. Persone da altre parti del mondo vivono lì inclusi molti lama Tibetani.

Sai Kaka aggiunge che Gyanganj agisce su tutti e tre i livelli: "A livello spirituale, fa funzionare l' universo. A livello celestiale, gli elementi terra e acqua sono assenti, abilitando una forte attività. A questo livello, Gyanganj impatta su molti piani e sugli esseri che sono lì. Sul piano più grossolano," prosegue, "i siddha di Gyanganj forniscono una guida agli esseri umani per iniziare i cambiamenti nella spiritualità ed anche nelle questioni sociali. Supponi che un ricercatore sia bloccato da qualche parte nel suo percorso, potrebbe essere guidato nella forma di un'intuizione, o qualche kriya innescato nei suoi corpi sottili o il suo guru sia ispirato a fare il necessario."

Sai Kaka argomenta dalla sua esperienza e dalla sua conoscenza di Gyanganj affermando che va tutto bene indipendentemente da ciò che sta accadendo negli affari umani. "Prima la sofferenza nel mondo mi rendeva emotivo, mi addolorava e mi riempiva di compassione. Ora realizzo che giusto e sbagliato, buono e cattivo esistono su un piano relativo della mente, dell'intelletto e dell'ego e sono l'interazione delle tre guna. Dal punto di vista di Dio, c'è la nondualità. La creazione e la dissoluzione sono parti del continuo flusso."

Sebbene non ci possa essere nessuna evoluzione in un flusso, Sai Kaka ammette che Gyanganj è coinvolta nella trasformazione della coscienza del mondo. Forse con una coscienza collettiva in aumento, Gyanganj sarà sempre più manifesta e facilmente accessibile agli esseri umani.

Per coloro che non vorrebbero visitare il posto dove gli immortali vivono.

By Parveen Chopra

Tradotto da windrunner per Altrogiornale.org

Brahmacarya, dal piacere alla gioia


Sentire la presenza divina in ogni esperienza per conferire pieno significato alla nostra esistenza


Il termine Brahmacarya viene spesso tradotto con «continenza» o «astinenza sessuale»: secondo la visione religiosa tradizionale infatti è indispensabile la castità assoluta per poter disporre delle energie che indubbiamente e normalmente si disperdono nell'atto sessuale ai fini della propria crescita spirituale.

Ardua impresa, tuttavia, la castità; se non viene vissuta con consapevolezza può facilmente trasformarsi in sofferenza, senso di esclusione dalla vita ed impossibilità di sperimentare ciò che Dio ha concesso all'uomo per uno scopo ben preciso.

Ogni essere vivente infatti ricerca l'unione con il suo opposto e complementare per tentare di ricreare inconsciamente il rito cosmogonico; l'uomo inconsapevole utilizza l'accoppiamento a scopo di gratificazione, per sentire il fluire della vita, per procreare, per esprimere un' energia naturale che però, se non viene trasmutata, andrà dispersa.

L'essere umano si avvale della sua mente e della sua immaginazione per intensificare ogni piacere, rimanendo in tal modo rinchiuso nella prigione della sua ignoranza; non si rende conto della sacralità di un atto che nella sua natura essenziale riproduce l'unione dei principi cosmici: il principio spirituale immutabile ed eterno e la sua potenza, il principio che genera la materia; dalla loro unione nasce l' universo.

Per arrivare a questa visione è necessario mantenere il cuore e la mente puri, liberi dall'attaccamento, dal desiderio, dalla possessività; la fretta e l'improvvisazione vanno banditi, occorre una seria preparazione materiale e spirituale.

Lo Yoga ed il Tantra insegnano come arrivare a tramutare il piacere in gioia e a dissolvere quella barriera formata dalla mente inferiore, che irretisce in una ragnatela mortale tutte le nostre sensazioni e i nostri pensieri; solo una mente purificata può dunque giungere oltre la dimensione terrena e percepire l'eternità dell'atto amoroso, la fusione delle due polarità che arriva a ricreare l'Uno.

Bisogna imparare a scorgere il Dio (o la Dea) dietro al volto umano, percepire una coscienza che è il riflesso della «eterna luce» che si esprime attraverso le forme - con tutte le loro limitazioni - e che rappresenta quella polarità che l'uomo va cercando, nella sua inconsapevolezza, per ricreare l'atto cosmico.

Il piacere così viene sublimato; l'opposizione della mente si dissolve e la gioia di ritrovarsi Uno inonda la coscienza.

Brahmacarya è il quarto yama (restrizione, astinenza o armonizzazione delle relazioni interpersonali) negli Yogasutra di Patanjali e più precisamente significa «vivere in Dio»: consiste nel sentire la presenza divina in ogni esperienza ed in ogni momento, trasformando ogni azione in un atto sacro che conferisce pieno significato alla nostra esistenza; qualsiasi eccesso è contrario all'ideale del brahmacârin, che sia mangiare, dormire, parlare: il Brahmacarya affranca l'uomo dalla schiavitù dei sensi.

L'essere umano è oppresso dall'angoscia, attanagliato dell'incapacità di arrivare a comprendere il significato della vita; invece di soffermarsi a cercare si rivolge all'esterno, cercando il piacere in ogni situazione: non mangia per mantenere in salute il corpo, non si accontenta di soddisfare la fame naturale ma cerca ogni mezzo per stimolare un palato già eccitato; ed è così per ogni esperienza, compreso il sesso.

Dietro l'eccitazione e la stimolazione vi è il dolore, la sofferenza di una vita vissuta correndo, senza riflessione e chiarezza.

«Chi sono io?». Se la risposta è: «Sono il mio corpo» allora tutto è giustificato.

L'uomo ha a disposizione ricchezza, potere, tecnologia avanzata e questo lo porta, nella sua presunzione, a sentirsi superiore agli altri animali; è indubbiamente intelligente, ma quale uso fa della sua intelligenza? Nonostante la ricchezza, alla fine della vita si ritrova vuoto, povero.

Perché non fermarsi? perché non dare risposta alle domande che sorgono dall'animo? Solo ascoltando l'«altro», l'essere umano ha la possibilità di percepire le forze cosmiche che sostanziano ogni essere e di giungere a comprendere il significato dell'esistenza.

di MP

Fonte: http: yoga.it

domenica 17 maggio 2009

Il Karma Yoga

IL KARMA YOGA - Di Guido da Todi

Ogni pensiero e azione del passato ci legano inesorabilmente al nostro karma odierno, tuttavia proprio attraverso la stessa azione, quando è compresa ed agita in modo corretto, è possibile ricongiungersi con il Tutto...


Vivekananda considerava l’essenza del Karma Yoga la più nobile delle Vie Spirituali. La Bagavadh Gita è un compendio praticamente esclusivo di questo Yoga. Perché? In effetti, una delle caratteristiche fondamentali degli insegnamenti indù è il buon senso e la praticità immediata, anche se ciò non invalida l’altissima natura delle loro tradizioni.

Non è possibile afferrare il significato della legge del karma, se almeno non si è – in misura bastevole – intuita la natura delle cose universali: che è unità fondamentale, olismo ininterrotto, identificazione totale dell’apparente frammento con il tutto. La ripercussione di ogni atto e di ogni pensiero prodotti da noi avviene e si risolve, alla fine, in noi stessi solo per il fatto che non esiste soluzione di continuità fra l’illusione di una vita distaccata dal resto dell’esistenza e quest’ultima. Il gioco sottile e complesso della legge del karma, tuttavia, non costituisce lo scopo principale del presente articolo; dovrà, forse, venire rimandata ad uno dei prossimi.

Uno degli aspetti del buon senso della filosofia indiana si riferisce al suo modo di interpretare la celata fisionomia del presente ambientale d’ognuno di noi. La legge della reincarnazione costituisce il formidabile serbatoio di una totale fecondazione di cause, da parte dell’individuo, che si annodano agli effetti evidenti di questo suo presente ambientale. In poche parole, l’io è il motore di ogni propria azione; ma, una volta data la spinta che la produce, l’azione stessa diviene il motore dell’io. Si tratta di un gioco delle parti assolutamente irrinunciabile.

Ecco, se potessimo scattare l’istantanea della vita di uno qualsiasi tra di noi, quanto verrebbe alla luce – esotericamente parlando – sarebbe un prodotto complesso e molto difficile da scomporre, nei suoi elementi costituenti. Immaginate una pesca acerba, e supponete di volere distaccare con le vostre stesse mani il suo nocciolo dalla polpa ancora verde. Il risultato di questo atto mostrerebbe la parte dura e centrale del frutto, ma con massicci frammenti di polpa che fanno un tutt’uno con esso; tanto è praticamente impossibile separare il centro dalla periferia, quando i tempi non sono quelli giusti. L’esempio – evidentemente grossolano – indica, con una certa precisione, il rapporto che ognuno di noi ha con il suo attuale karma. Volere rinunciare ad esso, in modo inconsulto, violento ed irrazionale costituirebbe un’azione simile a quella che abbiamo appena immaginato, in riferimento alla pesca acerba.

Il nostro karma attuale costituisce il baricentro ultimo delle forze e delle azioni emesse in un passato, più o meno lontano, e la spinta trainante che conduce gran parte della nostra esistenza. Il dharma, invece, è l’atto mentale che ne riconosce la fisionomia e si adatta ad essa, con il proprio comportamento quotidiano. In effetti, questa è già una notevole indicazione per l’individuo che voglia intervenire nel proprio destino.

Qualunque malumore, generato dalla nostra insoddisfazione per la vita che conduciamo, per il lavoro che facciamo, per l’ambiente in cui viviamo rappresenta un’energia inutilmente sprecata. In modo giusto, o errato, siamo stati noi gli unici responsabili di quella soluzione latente di forze, che stanno rapprendendosi attorno a noi ed in noi. Non è possibile liberarcene, almeno in modo violento.

A questo punto non risulta inutile un cenno a quelle azioni ribelli, che molti commettono sovente. Essi abbandonano, all’improvviso, la compagna, o il compagno; i figli; il lavoro che li delude. Insomma, staccano il contatto con la ruota che gira in una determinata direzione, e – come un elettrone che cambia orbita – si incasellano in un altro vortice di vita; nella creazione di nuove abitudini, di una nuova esistenza. Ma, la ruota continua a girare... Essi non hanno il potere di interrompere quel flusso di energia in cristallizzazione operativa di quanto hanno creato nel loro passato. In tal modo, provocano altro karma; ma, non eludono quello antico; che si ripresenterà, prima o poi. E la loro fuga si sarà risolta in un bel nulla di fatto.

Cosa dice, allora, in proposito, la filosofia indiana del Karma Yoga? Cosa dice Vivekananda? E cosa insegna la Gita? Intanto – e ciò è un fondamento di altissima rilevanza spirituale – che non importa, nella vita, desiderare disperatamente un destino di suprema nobiltà formale; e neppure temere di esprimerci in azioni che consideriamo mediocri e prive di smalto e di significati profondi. Nella vita importa solo capire e compiere ciò che è giusto fare, in quel momento.

La suprema nobiltà formale, lo smalto e cos’altro si possa desiderare, magari, diverranno una conseguenza di quanto è opportuno, per il momento, realizzare, nella giusta direzione, ora e adesso. Solo in tal modo riusciremo a costruire quel canale in cui rosolerà e si consumerà la pietra da macina che portiamo appesa al collo: il nostro karma pesante e, spesso, doloroso... Attenzione, ciò non vuol dire accettare e subire passivamente, ed in modo beota, qualunque costrizione la vita ci stia imponendo. Indica solo la saggezza e l’abilità di saperci svincolare, nell’unico modo armonico e sano, da una stretta soffocante, che rischia, spesso, di annientarci, nel corso di questa nostra esistenza.

Tuttavia, abbiamo parlato di unità del tutto. Il Karma Yoga afferma che ognuno di noi rappresenta una tessera parziale di un universo illimitato. Chi si oppone a questo dato di fatto, oppure non lo conosce, è destinato ad una espressione tronca del Sé: in poche parole, all’infelicità.

L’intera tradizione del vero spiritualismo tende alla sperimentazione della Vita Totale. Aderire al nostro dharma, ed accettarlo con cristallina consapevolezza delle motivazioni cosmiche che si trovano dietro ad esso, per incanto ci unifica alla Vita Totale; verso la quale non opponiamo più, di conseguenza, alcuna resistenza attiva, o passiva. Ogni senso delle dimensioni, allora, risulta impossibile a comporsi. Non esiste, qui, un più grande, o un più piccolo. Esiste solo quel componente che, saldandosi con l’intero, fa confluire in esso ogni tensione ed ogni opposizione personale. La parte si accorge di essere divenuta un' accentuazione palpitante del tutto. Di essere il tutto. E di gioire, tramite l’esecuzione di un agire personale, della gioia impersonale, che possiede delle risonanze prive di limite e di estensione.

Il karma yoghi vive in discesa ogni suo atto quotidiano; ossia, senza opporsi ai doveri che incombono sulla propria vita, e che egli ha tutti riconosciuti, nell’attimo della sua originaria espansione di coscienza. In tal modo, non soltanto esaurisce e scioglie tutti i legami reincarnativi che lo avvincevano ai tre mondi dell’illusione formale, ma, pure, salda ed unisce la tessera che rappresenta il frammento personale del mosaico al grande affresco cosmico, di cui quella è parte costituente.

Potrei esprimervi la mia personale esperienza, in proposito. Non credo possa esistere gioia più acuta e indicibile del sentimento che invade l’animo, quando si osserva il proprio io, mentre, con la massima partecipazione, aderisce all’intero dharma della sua vita: dalle minime incombenze, all’arco totale del proprio complesso ciclo reincarnativo.

Si narra di un giovane yoghi indù, il quale passò degli anni in meditazione, nel folto di una foresta. Un bel giorno, egli guardò con fastidio un uccello, che lo disturbava con il suo canto. Ed il volatile cadde a terra fulminato. Lo yoghi stabilì, allora, di aver raggiunto dei poteri straordinari, e che era giunto il momento di tornarsene fra gli uomini. A sera, giunto ai limitare di un paese, bussò ad una casa modesta, per chiedere da mangiare. La donna anziana che gli aprì gli disse subito:" Attendete, sadhu, che io mi occupi dei bisogni del mio sposo. Tra poco tornerò a voi, e vi offrirò la cena..." La risposta parve poco rispettosa allo yoghi, che, evidentemente, si attendeva la priorità su tutto e tutti, visto il rango spirituale che riteneva di essersi guadagnato. E, senza accorgersene, guardò con sguardo seccato la donna.

"Non crediate che io sia un uccello, per potermi fulminare, sadhu! – gli ribatté quella – "Ho dei doveri da compiere. Ma state pur tranquillo, che immediatamente dopo toccherà a voi..." L’uomo rimase folgorato. Come sapeva quella anziana signora la storia dell’uccello? A cena, con cautela, glielo domandò. "Vedete, sadhu, il mio maestro mi ha insegnato che, compiendo esattamente tutti i miei doveri con gioia e con dedizione, mi sarei fusa con l’universale. Questa è la ragione per cui ho raggiunto la luce e l’unione con Dio..." La storia continua, ma voglio interromperla per indicare che l’essenza del Karma Yoga è tutta qui. Quando se n’è afferrato lo spirito, ognuno di noi diviene consapevole del canotto minuscolo che rappresenta il suo io, circoscritto dal proprio karma reincarnativo. Egli sente e vede i confini di questo karma, con una vivezza incredibile.

Aderendo al suo dharma, con gioia e distacco, vive, allora, una tra le massime esperienze metafisiche. Pur se ancora stretto ai legami dei tre mondi, prova già intensamente la completa liberazione da essi e da tutto ciò che è relativo. Ogni minuto della sua giornata è, in lui, un atto sacro di meditazione, di congiungimento a Dio, di eucaristico rapporto con la Realtà Una. Egli è oramai un karma yoghi. Egli è un liberato!

Tratto da: nonsoloanima.tv

martedì 28 aprile 2009

Mircea Eliade - Lo Sciamanismo e le tecniche dell'estasi

Mircea Eliade (Bucarest 1907 - Chicago 1986) si formò come filosofo e storico delle religioni all'Università di Bucarest.
Negli anni 1927-28 frequentò a Roma le lezioni di Giovanni Gentile.
All'Università di calcutta studiò con S. Dasgupta e nell'eremitaggio di Rishikesh sull'Himalaia.
Fu addetto culturale rumeno a Londra e a Lisbona e, dopo la seconda guerra mondiale, si trasferì a Parigi dove insegnò all'Ecole des Hautes Etudes.
Nel 1957 ottenne la cattedra di storia delle religioni all'Università di Chicago.
Oltre ad aver scritto alcune opere generali di storia delle religioni, Eliade fu uno dei maggiori specialisti dello sciamanesimo, dello yoga e dei rapporti tra magia e alchimia.
Due suoi importanti testi:
- Lo sciamanismo e le tecniche dell'estasi
- Mefistofele e l'Androgine

Note di copertina del testo "Lo Sciamanismo e le tecniche dell'estasi"

La presente opera è la prima che abbraccia lo sciamanismo nella sua totalità, pur situandolo nella prospettiva di una storia generale delle religioni.
A prescindere da qualche notevole eccezione, infatti, la bibliografia sciamanica ha trascurato, finora, una interpretazione di questo fenomeno dal punto di vista della storia generale delle religioni, il cui compito è, in questo caso, quello di integrare i risultati dell'etnologia, come pure della psicologia e della sociologia.
Lo sciamanismo è una delle tecniche primordiali dell'estasi; esso è ad un tempo mistica, magia e religione. L'autore ne compie un'analisi approfondita, esaminandone i diversi aspetti, e chiarendo i vari presupposti mitico-religiosi che ne sono alla base.
Un attento esame è dedicato alla metodologia sciamanica, alle varie forme di iniziazione, ai riti, alle manifestazioni sciamaniche presso i diversi popoli, razze e tribù, non mancando di tracciare un confronto atto ad evidenziarne i caratteri comuni.
Lo sciamano è un mago, un "medicine-man", il quale ha capacità di guarire e di operare miracoli fachirici, come tutti i maghi primitivi o moderni. In ogni sua operazione è predominante l'esperienza estatica, ed è soprattutto in questo senso che l'autore lo studia in quest'opera.
Lo sciamanismo corrisponde ad una specialità magica che implica il dominio del fuoco, il volo magico, e così via; pertanto, pur essendo ogni sciamano, fra l'altro, un mago, non ogni mago può essere qualificato come sciamano.
Lo stesso vale per le guarigioni: ogni "medicine-man" è un guaritore, ma ogni sciamano utilizza una sua tecnica particolare.
Nell'estasi, infine, lo sciamano attraversa una trance durante la quale si ritiene che la sua anima possa lasciare il corpo per intraprendere ascensioni celesti o discese infernali. Nei suoi rapporti con gli "spiriti", poi, lo sciamano riesce a comunicare coi morti, coi demoni e con gli "spiriti di natura", senza per questo trasformarsi in loro strumento.
Si tratta pertanto di un volume che interessa, per la vastità dei temi affrontati e per la serietà della trattazione, studiosi e appassionati di tutti i rami dello scibile e che costituirà un ampliamento ed un completamento per ogni formazione culturale.

Indice sommario:

Introduzione
Introduzione alla seconda edizione
I. Generalità - Metodi di reclutamento - Sciamanismo e vocazione mistica
II. Malattie e sogni iniziatici
III. L'acquisto dei poteri sciamanici
IV. L'iniziazione sciamanica
V. Il simbolismo del costume e del tamburo sciamanico
VI. Lo sciamanismo nell'Asia centrale e settentrionale
1. Ascensioni celesti - Discese agli Inferi
VII. Lo sciamanismo nell'Asia centrale e settentrionale
2. Guarigioni magiche - Lo sciamano psicopompo
VIII. Sciamanismo e cosmologia
IX. Lo sciamanismo nell'America del Nord e del Sud
X. Lo sciamanismo nell'Asia sud-orientale e in Oceania
XI. Ideologie e tecniche sciamaniche fra gli Indoeuropei
XII. Tecniche e simbolismi sciamanici nel Tibet, in Cina e nell'Estremo Oriente
XIII. Miti, simboli e riti paralleli
Conclusioni: La formazione dello sciamanismo nord-asiatico

domenica 26 aprile 2009

Lo Sciamanesimo Hawaiano di Dianetti

∗ LA VIA DELL’AVVENTURA

Lo Sciamanesimo di cui vi parlerò non è stregoneria e non è una religione; non richiede l’adesione ad una setta segreta, ed è compatibile con qualsiasi vostra credenza.
È una concezione sacra dell’Universo, che vede lo Spirito riflesso in ogni più piccolo componente della Natura, dal sasso all’essere umano.
In questa ottica, ogni cosa è degna di rispetto, è viva e sensibile, ed è possibile entrarci in contatto per stabilire una pacifica cooperazione.
Nello sciamanesimo ci sono due scuole. Quella seguita dalla maggioranza degli sciamani è definita “La Via del Guerriero” e fa capo agli insegnamenti di Carlos Castaneda. In questa scuola ci si concentra su tecniche di combattimento e di resistenza fisica, per aumentare il potere personale e imparare a difendersi nella lotta contro le forze avverse. Questo perché ogni malattia o paura viene considerata una battaglia tra forze contrapposte, lo spirito del bene deve trionfare sul male e la vittoria può essere conseguita solo esercitando il potere maggiore.
Esiste poi la scuola hawaiana, che è stata definita “La Via dell’Avventura”. In questa scuola lo sciamano cerca di risolvere i conflitti creando armonia piuttosto che andare ad uno scontro, usando tecniche basate sulla cooperazione e sull’Amore. Nelle malattie e nei contrasti la Via dell’Avventura insegna a riarmonizzare i campi energetici contrapposti, cosicché il conflitto venga annullato attraverso il ritorno alla calma e alla tranquillità.

∗ LO SPIRITO DI ALOHA

Le Isole Hawaii sono famose in tutto il mondo per l’accoglienza pacifica riservata ai visitatori, tanto da rappresentare il luogo ideale per andare in vacanza.
Tutto questo è dovuto al fatto che gli hawaiani basano il loro modo di vivere sullo spirito di "Aloha", uno spirito di condivisione e amore universale.
La Polinesia è un continente formato da innumerevoli isole vulcaniche e coralline, localizzate in una zona della Terra dotata di grande energia. La particolare conformazione geografica spinge i suoi abitanti a incentivare la socialità e la cooperazione tra i popoli, per poter mantenere i contatti culturali e commerciali. Questo si ripete fin dai tempi in cui l'oceano veniva affrontato a bordo di canoe, ed è ciò che ha fatto dei polinesiani degli amanti dell'Avventura. Essi comprendono il grande valore dell’unione, proprio per il frazionamento delle realtà locali.

∗ MITOLOGIA

Parecchi secoli fa nell'oceano Pacifico al posto della Polinesia c'era un grande continente abitato dai MU. Nella mitologia locale si dice che i Mu erano giunti sulla Terra dallo spazio, e che erano un popolo molto avanzato, con grandi poteri psichici e tecnologici. Per un lungo periodo di tempo vissero pacificamente, insegnando le loro tecniche agli abitanti locali; ma un disastro planetario, provocato dall'uso delle loro potenti armi da guerra, distrusse il continente facendolo inabissare nell'oceano. Alla fine del cataclisma l'aspetto geografico della zona era completamente cambiato e dove prima esisteva un intero continente, ora emergevano tante piccole isole: l’attuale Polinesia.
I pochi saggi sopravvissuti al disastro ripresero a diffondere la loro conoscenza lavorando in segreto, con pochi adepti, per paura delle persecuzioni.
La filosofia che ne è derivata si chiama "HUNA", che significa conoscenza nascosta.

∗ I KAHUNA

Il concetto fondamentale della filosofia Huna è che ogni essere umano possiede capacità psichiche, più o meno latenti, che possono essere sviluppate e utilizzate in modo cosciente; inoltre, tutte le cose hanno delle qualità nascoste dietro l'aspetto materiale.
I Kahuna sono gli esperti e i maestri della filosofia Huna, che hanno tramandato nel tempo i metodi di guarigione e di sviluppo delle capacità psichiche, preservando l'antica conoscenza nella sua integrità.
Gli attuali Sciamani hawaiani hanno optato per un insegnamento pubblico di questa filosofia, ritenendo che l'umanità sia ormai giunta a un livello di sviluppo tale, da poter utilizzare consapevolmente e pacificamente i poteri psichici, per conseguire il benessere individuale e ambientale.

∗ LO SCIAMANO URBANO

Nella società attuale la maggioranza delle persone risiede nei centri urbani, ed è qui che c'è più bisogno di energia e rilassamento per contrastare la formazione dello stress. Gli insegnamenti dei Kahuna hawaiani si rivelano al giorno d’oggi particolarmente adatti a quanti vivono nel caos delle metropoli, perché non prevedono l'uso di maschere per eseguire particolari rituali o tamburi per entrare in trance, ma propongono semplici tecniche di guarigione energetica e per lo sviluppo delle abilità psichiche, che possono essere praticate dovunque.
Lo sciamano urbano non ha più la necessità di presentarsi come uno stregone, con l’osso al naso e le piume tra i capelli. È essenzialmente un guaritore, che lavora con il corpo e con la mente, per favorire il miglioramento della qualità della propria vita, per aiutare gli altri e per proteggere la Natura. È un amante della pace e dell’armonia.
Viene istruito per sviluppare la sensitività ed acquisire la capacità di manifestare eventi dirigendo l'energia attraverso l'immaginazione. Viene incentivata la sua autostima e la sua autorità interiore, gli vengono insegnate tecniche per sciogliere blocchi fisici e mentali, viene incoraggiato a sviluppare doti quali la pazienza e la flessibilità.
Lo sciamano urbano partecipa alla vita sociale inserendosi nei campi del lavoro e della famiglia, concorrendo a creare la realtà coi poteri che ha sviluppato.
Attraverso queste pagine vi propongo un percorso di evoluzione personale, basato su un sistema di pensiero che è assolutamente pragmatico, facendo riferimento a tecniche da sperimentare direttamente, da soli o in gruppo.
Le tecniche sono di semplice esecuzione e possono essere praticate nel tempo libero: a casa, al lavoro, in viaggio.
Lo sviluppo delle abilità connesse non avviene per iniziazione, ma solo attraverso l’esercizio, è dunque accessibile a tutti; pertanto sta a voi decidere il livello che volete raggiungere, dedicando alla pratica il tempo necessario.
Il lavoro da svolgere mira ad una trasformazione interiore, ma vi renderete conto che, mentre trasformate voi stessi, trasformate contemporaneamente la realtà esteriore.
Vediamo ora alcuni concetti fondamentali, sui quali si basa la filosofia Huna, che è necessario chiarire per poter comprendere la tradizione Hawaiana.



∗ LA MENTE

Nella tradizione sciamanica degli antichi Hawaiani viene insegnato che l’essere umano è composto da vari elementi. Egli possiede un corpo fisico, un campo di energia vitale e una mente. Generalmente si tende ad identificare la mente con il cervello, ma nessuno fino ad oggi ha potuto dimostrare come da un organo fisico possano scaturire il pensiero creativo, il senso di identità (che permane invariato negli anni) e i sentimenti. Qualcuno ha osservato che si potrebbe girare in un cervello per un anno, senza incontrare uno stato d’animo.
I Kahuna Hawaiani affermano che la mente è immateriale, è quella parte dell’uomo che chiamiamo coscienza, ed essa si serve dello strumento fisico del cervello per agire.
Potremmo paragonare il cervello ad un computer e la mente al tecnico che lo utilizza.
La mente, a sua volta, è un insieme di parti che interagiscono come una squadra, svolgendo funzioni diversificate.
Le Tre parti della mente sono caratterizzate da livelli di coscienza specifici legati alla loro “profondità”, sono infatti chiamate:
• Superconscio
• Mente cosciente
• Subconscio
Il livello di partenza è quello della mente cosciente, poiché è quello su cui siamo sintonizzati, per la maggioranza del tempo, nelle ore di veglia. La mente cosciente è direttamente collegata alla realtà fisica dell’esistenza, occupandosi di comunicare con gli altri, valutare avvenimenti, ragionare, prendere decisioni, desiderare conseguimenti ed obiettivi, dare un senso alla vita.
Il Subconscio lavora ad un livello più interno. Dirige tutte le funzioni del corpo fisico, dette involontarie, come: il mantenimento della sua integrità, la crescita, lo sviluppo, la riproduzione, ecc. Genera le emozioni e le sensazioni; esegue il processo dell’apprendimento e registra ogni dato ed esperienza archiviandoli nella memoria. Questo è un livello mentale al quale non si ha accesso diretto, se non durante i sogni, o attraverso tecniche di introspezione, rilassamento e analisi.
Infine c’è il Superconscio che rappresenta la coscienza spirituale dell’uomo, quella parte dell’essere che sembra osservare il corpo dall’alto, guidandone i passi verso una precisa meta. Il Superconscio è fonte d’ispirazione per la mente cosciente, fornendo ad essa conoscenza e idee per risolvere qualsiasi problema. Talvolta invia messaggi attraverso i sogni, oppure attraverso i presagi, o facendo apparire soluzioni improvvise e inaspettate. È possibile entrare in contatto con il Superconscio attraverso la meditazione o la preghiera.
I termini hawaiani corrispondenti a Superconscio, Conscio e Subconscio sono:
• Aumakua
• Lono
• Ku

∗ AUMAKUA: LO SPIRITO

L’Aumakua è lo Spirito dell’essere umano, la parte divina inserita nella materia; non nel senso di Dio come essere ultimo, eterno e infinito, che pure è contemplato nella tradizione hawaiana, ma piuttosto una sorta di dio individualizzato, un angelo o un custode, l’intelligenza che guida l’energia verso una meta.
L’Aumakua o Sé Superiore è la sorgente dell’essere umano, l’artista che crea il modello sul quale prende forma il corpo, ed è anche la sorgente dell’energia che dà vita all’uomo e a tutti gli altri elementi della realtà che gli consentono di esperire un’esistenza fisica.
Il Sé Superiore inserisce nel modello del suo personaggio un obiettivo da raggiungere, lasciando alla creatività della mente cosciente il compito di interpretare tale obiettivo e di perseguirlo con un margine di autonomia, che ha grande riflesso sulla qualità delle esperienze che verranno fatte. Poniamo che la meta sia andare da un punto ad un altro di una stanza. Si può girare in cerchio, avanzare a zig-zag, fermarsi a metà strada, oppure avanzare in linea retta. Questo è rimandato al libero arbitrio della mente cosciente. L’unica cosa certa è che si arriverà dall’altra parte, il come e con quanta soddisfazione dipende dalle scelte personali.
L’Aumakua segue le sorti del suo personaggio, evitando di intervenire in modo diretto, se non quando la traiettoria seguita va palesemente fuori rotta; in questi casi si sperimenta una sorprendente soluzione dei problemi che dà uno scossone e riporta la storia nella giusta direzione (come: imprevisti, incontri fortuiti, guarigioni miracolose).
Il Sé Superiore è comunque fonte d’ispirazione per la mente cosciente, che può trovare in esso tutta la conoscenza e le informazioni di cui necessita per esperire la vita con armonia e realizzare i propri progetti in modo soddisfacente.
Questo tipo di contatto non è sempre attivo e va ricercato nei momenti di necessità, modificando il proprio stato di consapevolezza e trascendendo la coscienza ordinaria.
Non solo gli esseri umani sono dotati di un Sé Superiore. Ogni oggetto, animale, pianta ha il proprio Aumakua, perché esso è la fonte di qualsiasi struttura esistente: ogni elemento del cosmo è vivo, cosciente e sensibile.
L’Aumakua è l’idea originale che sta “dietro” tutto ciò che appare nel mondo delle forme. Akua, la parola hawaiana per indicare lo Spirito, significa: concetto, pienamente espresso, in movimento.

∗ KU: IL CORPO - MENTE

Il Subconscio dirige le funzioni del corpo fisico e si occupa della conservazione della memoria. Riceve il modello del corpo creato dall’Aumakua e provvede a svilupparlo e mantenerlo nel tempo, curando la sua “manutenzione”. Dispensa energia ai vari organi del corpo ed effettua gli interventi di guarigione sulla base dello schema originale. È un po’ come il meccanico, che consulta il libretto della casa costruttrice, per eseguire la riparazione del motore di un’automobile. Il Ku rende possibili tutte le funzioni del corpo, dette involontarie, e si occupa di mettere in movimento i muscoli e gli arti.
Tutte queste attività per noi non sono coscienti e raramente ce ne interessiamo. I compiti che esegue il corpo, come: digerire, far battere il cuore, assimilare il cibo, sostituire le cellule obsolete e così via, ci sono completamente estranei, non sappiamo come vengano svolti e di alcuni ignoriamo persino l’esistenza. Non è necessario essere medici o biologi per urinare o effettuare il metabolismo. Il corpo sembra conoscere tutto questo autonomamente, ma è il Subconscio l’intelligenza che lo dirige.
Le attività più importanti di cui si occupa il Subconscio sono: conservare tutte le esperienze nella memoria (che è localizzata nei tessuti e nei muscoli del corpo) ed eseguire le istruzioni impartitegli dalla mente cosciente.
Il Subconscio svolge la funzione di segretario e collaboratore della mente cosciente, presentando continuamente alla sua attenzione stati d’animo ed emozioni, per ricevere istruzioni sul comportamento da tenere di fronte alle situazioni della vita. Facciamo l’esempio in cui vediamo una bestia feroce che si avvicina a noi e immediatamente sorge l’emozione della paura. Questo è il modo in cui il Subconscio chiede istruzioni sul da farsi. La mente cosciente non è emozionale, valuta il fatto, considera che potrebbe esserci un pericolo e ordina di scappare. Così il Subconscio mette in moto i muscoli delle gambe e il risultato è il nostro movimento verso un’altra zona. Tenete presente che questo scambio di informazioni non viene avvertito come il dialogo di due parti separate, perché la nostra mente lavora sempre come un insieme unitario.
Attraverso il meccanismo della memoria per il Ku è possibile apprendere modelli di comportamento, che poi esegue in modo autonomo e che tende a conservare nel tempo (dando luogo alle abitudini), fino a quando la mente cosciente non dispone un cambiamento. Il primo input all’apprendimento viene dalla mente cosciente, che manifesta la volontà di acquisire una nuova abilità; questo coinvolge il Subconscio, che si esercita per un certo tempo a svolgere la nuova mansione fino ad acquisirne il modello, poi lo inserisce stabilmente nella memoria.
A volte il corpo-mente sembra agire di sua propria volontà, ma questo non è possibile, perché i suoi interventi sono sempre e soltanto determinati dai dati presenti nella memoria. Il materiale con cui lavora il Ku è tutto quello che è stato registrato dall’ambiente circostante e dalle convinzioni e i pensieri che la mente cosciente ha accettato per buoni nel passato. Il vero problema è che la mente cosciente spesso non ricorda ciò che è stato inserito nella banca dati, perché la memoria è simile ad una soffitta buia piena di ogni genere di masserizie. Senza far luce sugli “scaffali”, attraverso l’attenzione e la consapevolezza, non si sa bene di cosa si può disporre, e spesso qualche idea che ci sembra passata di moda è ancora là che ingombra, facendo inaspettatamente sentire la sua presenza.
Il Subconscio, con precisione e puntualità, conserva tutto ciò che forma oggetto di esperienza e ogni cosa viene riutilizzata al momento opportuno (almeno questo è ciò che pensa il Ku), fino a quando la mente cosciente non decide di fare pulizia.
Il Subconscio persegue il piacere e fugge dalla sofferenza; di fronte a due situazioni negative sceglie il male minore.

∗ LONO: LA MENTE COSCIENTE

Tra lo Spirito e il corpo-mente si colloca la mente cosciente e a volte non è una posizione comoda da mantenere, se si desidera assumere la responsabilità della propria vita.
La mente cosciente è ciò che sembra rispondere al nostro senso di identità, ma questo non è completamente vero, perché anche il Ku sa bene chi siamo.
Possiamo comunque identificare la mente cosciente con tutte le chiacchiere, i ragionamenti e le valutazioni che continuamente risuonano nella nostra testa.
A Lono è demandato il compito di prendere le decisioni e di istruire il corpo sui comportamenti e le emozioni che desidera provare. Ad esempio una persona vi critica e il corpo si offende: sta a voi decidere se lasciar correre o ricambiare la provocazione, consentendo che il Ku manifesti una reazione aggressiva.
La mente ha a disposizione il corpo, per sperimentare la risposta dell’ambiente alle proprie iniziative, e lo Spirito, per trarsi d’impaccio ogni volta che finisce in un vicolo cieco. Essa partecipa al grande gioco dell’Universo sopportando alcune limitazioni oggettive, imposte dall’Universo stesso, come ad esempio la parziale capacità dei cinque sensi (alcune bande di colori non possono essere viste; alcuni toni nei suoni non possono essere uditi), o le leggi fisiche che producono la gravità, l’elettromagnetismo e la quantistica.
Dunque non tutto gli è possibile, ma nondimeno Lono è il capitano della nave e deve ispirare collaborazione ai suoi rematori (al Ku) se vuole arrivare in porto tranquillamente.
Una parte della storia personale è necessariamente predeterminata dallo Spirito, che deve armonizzare i percorsi paralleli di tutti gli esseri viventi, poiché il progetto cosmico è collettivo. Ma una porzione dell’avventura viene direttamente gestita dalla mente cosciente attraverso il libero arbitrio.
Il libero arbitrio non va confuso con la libertà di fare qualsiasi cosa ci venga in mente, o disporre degli altri, o cambiare il corso degli eventi; ma è scegliere come vogliamo rispondere, o non rispondere, alle esperienze che ci vengono prospettate, e decidere cosa vogliamo mettere in atto, nel presente, per provocare un cambiamento futuro.
Lo strumento più importante che abbiamo a disposizione per vivere la vita con successo è la Creatività. Attraverso la creatività, la mente cosciente è in grado di immaginare ciò che ancora non esiste, poiché in un Universo illimitato tutto è possibile e c’è sempre più di un modo per fare le cose. Questo ci dà la possibilità di cambiare le circostanze della vita, immaginando soluzioni diverse da quelle con cui ci troviamo ad interagire. Nel corso delle lezioni vedremo che ci sono tecniche specifiche per ottenere questi risultati. Per ora vi dico che il Subconscio non fa distinzione tra immaginazione e realtà. Mantenere dunque l’attenzione cosciente sulla realizzazione di un determinato avvenimento, per un congruo lasso di tempo, induce il Subconscio a registrarlo nella memoria come se fosse un modello già esistente. A questo punto lo Spirito stesso, che è la fonte dell’energia, interviene per energizzare il nostro modello e manifestarlo nel mondo delle forme.
È così che ciò che immaginiamo può divenire concreto e per questo affermiamo che la mente cosciente è una co-creatrice della realtà, affiancando con i suoi modelli quelli già realizzati dallo Spirito. Tutto questo è una nostra facoltà e possiamo usufruirne a pieno titolo senza timore di peccare di superbia. L’energia è gratuita, l’unica cosa che può risultare impropria è l’utilizzo che ne vogliamo fare.
Quando ci rivolgiamo all’Aumakua per ottenerne la guida, esso stesso, attraverso la sua ispirazione, aumenta la nostra capacità creativa.

∗ I “4” LIVELLI DELLA REALTA’

Fin’ora abbiamo considerato la mente e le funzioni specifiche che assolve, rispetto agli elementi della realtà. Vediamo adesso come utilizzare la consapevolezza per interagire con l’ambiente nel quale siamo inseriti.
Viviamo in un Universo illimitato e multidimensionale, nel quale coesistono le forme fisiche, le interazioni energetiche e le vibrazioni dello Spirito. Questo Universo è un unico insieme, che può essere osservato da molteplici punti di vista e per ogni angolo della visuale emergono caratteristiche differenti, che consentono di usufruirne in modo diverso.
Secondo i Kahuna Hawaiani la Realtà è osservabile da 4 diversi livelli di consapevolezza.
• Il 1°Livello di consapevolezza è IKE PAPAKAHI, il livello OGGETTIVO.
Questa è l’ottica legata all’esperienza fisica del corpo, in cui tutte le cose sono accettate per vere e sono separate tra loro. Esiste la Natura e i suoi elementi sono noti a tutti. Ci sono gli altri esseri umani, gli animali, le piante. Attraverso le mani possiamo afferrare oggetti e utilizzando gli elementi esistenti in natura, fabbricarne di nuovi. Questo è il livello della quotidianità, dove ogni cosa può essere impiegata o trasformata in accordo alle leggi fisiche. Ogni cosa ha un inizio e una fine, esattamente come il corpo ha una nascita e una morte.
• Il 2°Livello di consapevolezza è IKE PAPALUA, il livello SOGGETTIVO.
Questa è l’ottica legata all’esperienza mentale. Abbiamo detto che la mente è immateriale e che è in grado di manipolare l’energia vitale indirizzandola verso un obiettivo.
La consapevolezza psichica si muove nel mondo dell’energia, aprendoci alla comprensione che gli oggetti, le persone, le piante e gli animali sono formati dallo stesso tipo di sostanza, cioè l’energia stessa. Questa non è una notizia necessariamente eccezionale, perché i chimici sanno benissimo che tutto è composto da atomi, ma dato che i nostri occhi non vedono atomi aggregati, bensì: un libro, una sedia, un tavolo, ecc. per percepire la struttura energetica della realtà è indispensabile trasferire la coscienza nel regno mentale. Ogni cosa ha attorno a sé un campo di energia, che confina col campo di ogni altra cosa. Attraverso l’energia, ogni punto dell’Universo è collegato a tutti gli altri punti, e questo consente alla mente di esperire fenomeni quali la telepatia e la chiaroveggenza.
Nella dimensione energetica le cose non hanno né inizio né fine, poiché l’energia è il fondamento stesso dell’esistenza, ma tutto è in continua transizione da una forma all’altra.
• Il 3°Livello di consapevolezza è IKE PAPAKOLU, il livello SIMBOLICO.
Tutto nell’Universo esiste per gruppi di opposti: nero-bianco; maschio-femmina; alto-basso; bello-brutto; e ogni cosa acquista significato solo in relazione alle altre.
Non esistono valori assoluti, perciò possiamo considerare “scuro” un pomeriggio nuvoloso, ma solo rispetto ad un mattino soleggiato; lo stesso pomeriggio nuvoloso è, a sua volta, molto più “chiaro” di una notte di luna piena.
La rappresentazione cosmica scaturisce da simboli, attraverso i quali è possibile ottenere un’interpretazione dei significati. Comprendere l’aspetto simbolico dell’esistenza ci consente di assegnare un valore alle nostre esperienze; possiamo ad esempio chiederci perché ci è capitato di incontrare la tale persona, in quel dato momento, e perché il dialogo si è svolto in quel certo modo… Ogni situazione, ogni avvenimento sono lì per trasmetterci un messaggio; come nei sogni, ogni forma che ci circonda rappresenta i nostri pensieri, rispecchia parti sconosciute di noi, e ci fornisce indicazioni sui nostri atteggiamenti.
Attraverso l’ambiente conosciamo noi stessi e il senso della nostra avventura.
• Il 4°Livello di consapevolezza è IKE PAPAHA, il livello dell’IDENTIFICAZIONE.
Questa è la dimensione trascendente della coscienza, nella quale si percepisce l’unità del Tutto, al di là delle molteplici forme. Ogni cosa è sé stessa e contemporaneamente è me. L’IO si espande nella coscienza cosmica e attraverso l’unione spirituale è possibile sperimentare le sensazioni di ogni altra forma di vita. Questo livello si raggiunge coscientemente attraverso la meditazione, ma chiunque ne fa casuale esperienza quando gli capita di percepire le emozioni o le sofferenze degli altri, oggetti compresi.

∗ LA GUARIGIONE INSEGNATA DAI KAHUNA

Spostare la consapevolezza da un livello all’altro della Realtà ci permette di operare con regole e poteri diversi. Dal punto di vista della guarigione, ogni livello consente l’utilizzo di tecniche specifiche, la cui validità è strettamente inerente all’ottica nella quale si pongono il malato e lo Sciamano.
Nel 1°livello vengono usate tecniche che interessano il corpo, come: medicinali, rimedi, erbe, cristalli, massaggi e trasmissione di energia attraverso le mani.

Nel 2°livello vengono usate tecniche mentali, come: messaggi telepatici e pensiero positivo, tecniche di immaginazione guidata ed auto-ipnosi. La chiaroveggenza viene ampiamente usata per comprendere le cause della malattia ed effettuare le diagnosi. Attraverso la telepatia viene attivato il dialogo con le forze della Natura e con le guide spirituali, che consentono di incentivare il potere di guarigione.

Il 3° è il livello di consapevolezza nel quale si svolge prevalentemente il lavoro dello Sciamano. Vengono usate tecniche di interpretazione ed elaborazione dei sogni, cerimonie di guarigione e rituali simbolici per l’acquisizione di maggior energia, nuove abilità e più ampi poteri. Importante strumento del 3°livello è il Viaggio Sciamanico, che permette di identificare ed elaborare i simboli che sono all’origine della malattia, consentendo la loro consapevole trasformazione in modelli di guarigione.

Al 4°livello troviamo la più potente, ma anche più complessa, tecnica di guarigione: quella spirituale. In Hawaiano è chiamata Kulike, ma viene anche detta “Mutamento di forma”.
In questa tecnica si realizza una unione spirituale tra il malato e il guaritore, in modo tale che il guaritore sperimenta la coscienza del suo cliente, assumendone la “forma” e dall’interno dell’essere, va a modificare gli schemi energetici per riportarli in equilibrio.

Nel corso di queste lezioni illustrerò ampiamente ogni tecnica, proponendo anche delle esercitazioni da eseguire per proprio conto, per passare agevolmente dalla teoria alla pratica.

Tratto da: http: alberomaestro.org

giovedì 23 aprile 2009

L'Ayahuasca



L'Io si espande e abbraccia l'universo. Lo spazio fonde nel magma nero del tempo che ribolle di colori e chimere. Echi dell'assoluto. Rivelazioni. La comunione è un tuffo nel fermento del cosmo per chi crede nell'ayahuasca, la liana dello spirito originaria dell'Amazzonia, consumata come sacramento da migliaia di fedeli di culti cristiano-animisti che negli ultimi anni sono andati mettendo radici in ogni continente. All'ombra della clandestinità. Perché se in Olanda e Stati Uniti la legge ha fatto qualche eccezione, in Giappone, Australia, Russia, Germania, Francia e Spagna, l'uso della droga, sebbene cerimoniale, è sempre stato punito. E per questa ragione tre anni fa, anche in Italia una decina di persone, fra cui l'antropologo Walter Menozzi, hanno avuto i loro guai con la giustizia.

Usata per secoli dagli sciamani contro mille mali per le sue proprietà depurative e immunostimolanti, questa pianta rampicante che cresce nei recessi più umidi e bui della giungla (ayac in quechua significa 'spirito' e waska 'liana') induce visioni e stravolge percezioni e processi associativi. Ma non è una semplice droga, insistono i fedeli di Santo Daime, Uniao do Vegetal e Barquinha, le congregazioni nate il secolo scorso in Brasile e diventate fenomeno globale sull'onda del sincretismo New Age. L'alterazione è anzi uno stato di grazia. E la pianta, attraverso cui la natura parla all'uomo,- è una manifestazione di Gesù.

La Chiesa cattolica e le altre grandi confessioni cristiane non hanno mai digerito un simile credo animista, ma alla lunga hanno scelto il silenzio, evitando anatemi che avrebbero radicalizzato il confronto e adottando la filosofia del vivi e lascia vivere, come in passato avevano fatto davanti ad altre fedi prodotte dall'incontro del cristianesimo con culture indigene.

Fuori dal Brasile però, a cominciare dall'Europa, dove si ritiene siano ormai parecchie centinaia, gli iniziati all'ayahuasca vivono come carbonari. La mistura di foglie necessaria per ottenere l'allucinogeno, hanno confessato alcuni di loro, arriva da paesi del bacino amazzonico celata in semplici pacchetti di tè. E le comunità s'incontrano all'insegna della massima discrezione in abitazioni o locali privati. In Gran Bretagna, dove sarebbero circa 500 sparsi in diverse contee, si ritrovano anche in alcune chiese con la scusa di fare prove di coro, come hanno rivelato fonti riprese di recente dal quotidiano 'Times'.

Eppure nel 2001 il governo olandese ha concesso ai fedeli del Santo Daime una licenza per il consumo sacramentale della droga, e nel 2005 la Corte suprema americana ha fatto lo stesso con una colonia della Uniao do Vegetal, prendendo atto di un'insolita proprietà della liana dello spirito che, impiegata opportunamente, non sembra causare danni né tossicodipendenza. O così almeno indicano i dati raccolti finora dalla scienza e le esperienze di 'entronauti' e artisti come Allen Ginsberg, Paul Simon, Sting, Tori Amos.

E Isabel Allende, che solo grazie alla catarsi vissuta con l'ayahuasca ha superato la crisi esistenziale in cui era scivolata negli anni Novanta, riuscendo a completare una trilogia di racconti dedicata ai nipoti e ora in lavorazione a Hollywood.

Dopo aver bevuto il decotto denso e verdemarrone preparato da uno sciamano peruviano, ha poi raccontato la scrittrice in un'intervista, "sono piombata in un mondo buio" che a tratti si trasformava in visioni caleidoscopiche, apparizioni, sequenze di vita vissuta: "Non ero più corpo, anima, spirito o nient'altro". Due giorni dopo "mi sono risvegliata, indolenzita ma lucida", come rinata: "Avevo superato la paura della morte e vissuto l'esperienza dell'eternità dello spirito".

Nel loro diario 'Lettere dello Yage' (un altro nome indio dell'ayahuasca), anche Ginsberg e William Burroughs parlano in termini simili degli esperimenti fatti in Amazzonia per 'espandere la coscienza' e curare - ma invano - la tossicodipendenza da eroina.

L'esperienza spirituale, sostengono gli iniziati, è parte intrinseca degli effetti dell'allucinogeno tanto quanto vertigini, nausea, vomito, corse in bagno. E incubi, poiché mentre la droga aspra e amara purga e aiuta il corpo a combattere infezioni e scompensi metabolici, la mente si misura con luci e ombre in un ottovolante di emozioni.
Alla fine, come ha dichiarato un cardiochirurgo di San Paolo ai microfoni della Bbc, sopravviene sempre "un senso di calma e chiarezza, che aiuta nel lavoro e a vivere in armonia con gli altri".

Tale sarebbe il potere della bevanda ricavata da foglie di banisteriopsis caapi, l'ayahuasca propriamente detta, messe a macerare e poi fatte bollire per ore con foglie di psicotria viridis, mimosa hostilis, justicia pectoralis e tante altre piante. In alchimie ogni volta diverse nelle diverse aree del Rio delle Amazzoni, secondo ricette che a volte contemplano anche tabacco o cacao.

In realtà i vegetali con virtù allucinogene sono molto diffusi in natura. E nel recente libro 'Gli Antipodi della mente' Benny Shannon, della Hebrew University di Gerusalemme, ha sottolineato come piante simili all'ayahuasca venissero usate per scopi religiosi persino dagli antichi ebrei, compreso Mosè. Cosa che ha scatenato le ire dei circoli cristiani ed ebrei più ortodossi, costringendo lo studioso a correggere il tiro e a chiarire proprio pochi giorni fa, dalle colonne del 'Financial Times', di non aver mai voluto intendere che Mosè fosse 'fatto', quando sul Sinai vedeva il cespuglio ardere senza consumarsi.

Quel che rende l'ayahuasca un potente allucinogeno è l'alta concentrazione di Dmt (dimetiltriptamina) e di alcaloidi che ne agevolano l'assimilazione, facendo impennare i livelli di serotonina nell'organismo.

È così che esperienze ed emozioni, conscie o inconscie, percezioni subliminali e sensazioni d'ogni grado vengono rivissute come allucinazioni. Una marea che tutto travolge, per poi restituire alla spiaggia del quotidiano la mente arricchita di consapevolezza e spogliata di ogni ansia. È sarebbe proprio così che lo sciamano accede alle infinite dimensioni dell'ultraterreno.

Ed è così che i fedeli del Santo Daime vivono la transustanziazione della sacra liana quando, in fila, vestiti di bianco, vanno a ricevere la pozione dal mestolo del padrinho e s'intrattengono poi in apologie sull'amore universale. Come faceva Mestre Irineu, il meticcio Raimundu Irineu Serra, esperto raccoglitore di gomma, il quale nel 1930 edificò una sua chiesa in piena giungla, dopo avere avuto una visione della Vergine Maria sotto l'effetto del daime (altro nome indio dell'ayahuasca), dando vita a un culto che dimostrò presto di avere grande presa popolare. Tanto da spingere Brasilia a legalizzare l'uso cerimoniale della droga che, in pochi lustri, dalla cattedrale di Céu do Mapia si era esteso nelle città, anche fra professionisti e accademici. E che nel dopoguerra cominciò a interessare il mondo attraversato dalla cultura mistica e psichedelica dell'era beat e hippie, conquistando adepti soprattutto dopo la morte del Maestro nel 1971, quando alcuni discepoli lasciarono il Santo Daime per fondare altre chiese. Portando il loro credo in tutti i continenti, sulla scia dell'emigrazione brasiliana e delle testimonianze di esploratori della New Age che nel frattempo si erano avventurati in pellegrinaggio nel fitto dell'Amazzonia. Sotto la scorta di avventurieri o, più recentemente, di esperti di agenzie specializzate, come l'americana Blue Morpho, che sanno dove trovare gli sciamani e si fanno carico della prima parte di un più lungo viaggio verso la trascendenza.

Per lo psichiatra Charles Grob, della University of California di Los Angeles, non esiste praticamente un uso ricreativo dell'ayahuasca, ricercata invece da molti credenti proprio per la "profonda qualità religiosa" delle sue allucinazioni. Per Shannon, tuttavia, anche questa qualità altro non è che allucinazione. E a favore della pianta, a conti fatti, rimangono solo gli effetti ansiolitici. L'unica certezza scientificamente provata del Dmt.

Fonte: sostanze.info
Approfondimenti: madreayahuasca.com